Lettera al Direttore della “Difesa del Popolo” - Settimanale della Diocesi di Padova
Nel suo pregevole articolo dell'8 agosto su questo giornale, dal titolo “Senza dignità non c'è sviluppo”, Germano Bertin, Direttore Responsabile di “Ethosjob”, scrive che l'imprenditore “nel creare profitto è in grado di occuparsi e di preoccuparsi di distribuire equamente tra i lavoratori la ricchezza prodotta".
In sostanza egli pare auspicare che in Italia sia realizzata quella “Partecipazione” dei lavoratori agli utili delle imprese, che costituisce un importante principio della dottrina sociale della Chiesa: si pensi che nella sua “Rerum Novarum” del 15 maggio 1891, il Papa Leone XIII scriveva che il lavoratore ha il diritto di “partecipare in alcuna misura di quella ricchezza che esso stesso produce...”.
Ebbene, la Partecipazione – nel suo doppio significato di collaborazione dei lavoratori sull'andamento aziendale e di condivisione degli utili – era stata introdotta in Italia dalla legge n.92 del 28.6.2012 pubblicata sula G.U. n.153 del 3.7.2012.
Essa infatti, all'art.4 – comma 62 – delegava il Governo “ad adottare, entro 9 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge … uno o più decreti legislativi finalizzati a favorire le forme di coinvolgimento dei lavoratori nell'impresa..” e - al punto E – “la partecipazione dei dipendenti agli utili o al capitale dell'impresa...”.
Non vi è chi non veda la straordinaria, epocale importanza di questa legge.
E allora, in Italia vige la Democrazia Economica, c'è la “Partecipazione”, e non ce ne siamo accorti?
Purtroppo no: nella generale indifferenza, mentre tutti si accapigliavano sulle pensioni, mentre gli imprenditori guardavano la novità con sospetto, temendo di perdere il controllo e la libertà di gestione delle loro imprese; e le confederazioni sindacali, legate ad una vieta concezione conflittuale del rapporto fra capitale e lavoro, la snobbavano, il Governo non emise entro i prescritti 90 giorni i Decreti attuativi, per cui, scaduti i termini, i provvedimenti previsti dal comma 62 dell'art.4 della legge n.92/2012, fatalmente decaddero.
Lasciando delusi e sconfortati quanti avevano sperato che l'art.46 della Costituzione italiana (“...La Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”) fosse, finalmente, divenuto realtà, con una legge che andava addirittura al dilà del dettato costituzionale che non prevede la partecipazione agli utili.
Ma qualcosa di nuovo va maturando : l'articolo dal titolo “Ora un vero patto sociale basato sulla Partecipazione” comparso sul quotidiano “Avvenire” del 19 maggio 2020 a firma dell'allora Segretaria Generale della Cisl, Annamaria Furlan, chiede che il governo si faccia “promotore di una legge di sostegno per allargare la “governance” delle aziende ai rappresentanti dei lavoratori” per “introdurre nel nostro Paese la Democrazia Economica” onde “rendere più produttive le aziende attraverso il coinvolgimento dei lavoratori” legando “il destino delle aziende a quello dei lavoratori”.
Non parla, la Furlan, di Partecipazione agli utili, ma solo di Partecipazione come coinvolgimento dei lavoratori nell'azienda: ma la sua realizzazione sarebbe un importante passo avanti anche verso quella meta.
E se è vero, come scrive l'articolista, che anche “la CGIL parla oggi di forme di partecipazione dei lavoratori nelle aziende”, le speranze di quelli che hanno sempre creduto e credono nella Partecipazione, si rafforzano.
In attesa che gli industriali dicano se la Partecipazione non è più da essi considerata, come nel passato, un pericoloso attentato alla loro libertà.
Padova 31/8/2021
Giovanni Zannini
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