martedì 18 ottobre 2016

Taccagna l'URSS con i compagni nella guerra civile spagnola - ARMI SI, MA PAGAMENTO SULL'UNGHIA E ANTICIPATO

La guerra civile spagnola ebbe inizio il 17/18 luglio 1936 (quindi 70 anni fa) con il “pronunciamento” - la rivolta dei militari in Marocco Spagnolo dei quali assunse il comando il generale Francisco Franco Bahamonde - contro il governo legittimo del ”Fronte Popolare” di sinistra uscito vittorioso dalle elezioni del 16 febbraio 1936.
E, come tutte le guerre, vide un enorme dispendio, oltre che di vite umane, anche di armi e di materiale bellico.
Dato il sottosviluppo industriale spagnolo degli anni 30 e, quindi, l’impossibilità di produrre armamenti (con l’eccezione di alcune fabbriche nei Paesi Baschi ed in Catalogna), le forniture militari dall’estero erano un necessità e per poter prevalere gli uni sugli altri i due fronti contrapposti si dovettero rivolgere a nazioni simpatizzanti per le due ideologie in contrasto: i nazionalisti di Franco all’Italia fascista ed alla Germania nazista; il governo spagnolo di sinistra all’Unione Sovietica.
Con ciò il conflitto assunse una dimensione internazionale nonostante l’esistenza di un “Comitato del non intervento” (cui parteciparono 24 nazioni fra cui principali Inghilterra, Francia, Germania, Italia e Unione Sovietica) che, sorto per “sterilizzare” la guerra civile spagnola vietando ogni afflusso di armi nella penisola, si manifestò organismo equivoco da nessuno rispettato e men che meno da Italia, Germania ed URSS, definito dal Pandit Nehru “la suprema farsa del nostro tempo”.
Ma gli aiuti forniti da Italia e Germania ai nazionalisti del ribelle generale Franco, e dall’URSS al legittimo governo repubblicano, non furono gratuiti gesti di solidarietà fra gente che la pensava allo stesso modo, sibbene vere forniture commerciali che esigevano il pagamento di un prezzo.
L’Italia, oltre a circa 50.000 (altri dicono 100.000) volontari che erano, in realtà, soldati del regio esercito e camicie nere delle divisioni “Littorio”, “23 Marzo” e “Fiamme Nere” con molti reduci dalla guerra d’Abissinia), fornì da 7 a 800 aerei (fra i piloti, Bruno Mussolini), carri armati leggeri (inferiori dunque a quelli russi), artiglieria mobile, autoblindo, autocarri ed anche 90 unità navali fra cui sommergibili e cacciatorpediniere.
Da “La guerra civile di Spagna” di Harry Browne si apprende che gli aiuti italiani furono di tre volte superiori a quelli forniti dalla Germania, che il pagamento avvenne a rate mensili e che dopo molto tempo, alla fine del 1967 l’Italia addivenne ad una transazione con i camerati franchisti accontentandosi di incassare un terzo del credito maturato, mentre i tedeschi trattarono con i nazionalisti con modalità di tipo più affaristico.
La Germania aveva fornito 12000 uomini molto ben mimetizzati cui era severamente proibito indossare le uniformi germaniche, un migliaio di aerei (gli “Junker 52” da trasporto - cui si deve, con il primo ponte aereo della storia, il trasferimento dell’Armata d’Africa di Franco dal Marocco al sud della Spagna -, bombardieri “Heinkel 111” e “Junker 52”, ed i velocissimi “Messerschmitt 109” da caccia in grado di competere con i “Chatos” ed i “Rata” russi), fra cui quelli della Legione Condor, un’unità mista aerea e carrista che contava 6000 uomini, responsabile del bombardamento su Guernica, ed i cui carri armati riuscirono a contrastare validamente quelli russi.
A conflitto terminato essi trattarono con i nazionalisti con modalità di tipo più affaristico.
Così, alla fine, scrive Browne “i nazionalisti combatterono la guerra soprattutto a credito“ al contrario di quanto accadde, come vedremo, ai repubblicani con i loro compagni sovietici.
La Russia, oltre a provvedere al reclutamento dei volontari internazionali attraverso il “Cominform” e ad inviare 500 “consiglieri militari”, aveva costituito alla fine di agosto 1936, su ordine di Stalin, un apparato incaricato di spedire ai repubblicani spagnoli aerei, carri armati, autoblindo, artiglierie ed altre attrezzature militari cosicché la maggior parte degli equipaggiamenti dell’esercito repubblicano era russa.
Ma per il pagamento di queste forniture i sovietici, mettendo da parte ogni solidarietà si dimostrarono con i compagni spagnoli freddi, intransigenti e malfidenti, in stile con la peggiore mentalità commerciale capitalistica.
I primi aiuti militari dell’URSS (carri armati, autoblindo ed artiglieria) arrivarono ai repubblicani spagnoli il 15 ottobre 1936 nel porto di Cartagena (base militare della Marina repubblicana) a bordo della nave “Konsomol” solo dopo che un decreto del ministro delle finanze Juan Negrin, firmato dal Presidente Manuel Azana e mai sottoposto all’approvazione delle “Cortes” (il parlamento spagnolo) aveva autorizzato il trasferimento dell’oro della Banca di Spagna in Russia a garanzia del pagamento delle future forniture militari.
E nell’inserto-storia n.8 della “Domenica del Corriere” dal titolo “La guerra di Spagna” a firma Ricciotti Lazzero si legge che pochi giorni dopo arrivò a Cartagena, a capo di una missione composta da agenti segreti ed esperti militari e da Paul Allard, “colletto bianco” della pirateria finanziaria del Comintern, il generale russo Alexander Orlov che aveva ricevuto un ordine cifrato con il quale Stalin in persona gli ordinava di “disporre la spedizione delle riserve auree spagnole nell’URSS per mezzo di un piroscafo sovietico senza rilasciare sul posto alcuna ricevuta”. Egli provvide perciò a far caricare il tesoro su di una nave sovietica (la stessa Konsomol?) diretta a Odessa donde il prezioso carico fu trasbordato su di un treno che lo portò a Mosca.
Si trattava di 7800 cassette di legno tutte eguali contenenti 510.079 chili d’oro in lingotti e monete del valore di 1 miliardo e 582 milioni di pesetas dell’epoca costituenti il 78% del tesoro della Banca di Spagna.
In tal modo i sovietici si erano fatti pagare pronta cassa, in via anticipata ed anche, a quanto si dice, guadagnandoci sopra: fu infatti calcolato un divario contabile a favore della Russia fra il prezzo degli armamenti da essa forniti ed il valore dell’oro dato in pagamento.
Oltre a ciò, i russi, assieme a materiale bellico nuovo e moderno, rifilarono ai loro compagni spagnoli anche pezzi di artiglieria obsoleti ed armi portatili antiquate.
Scrive Adriano Bolzoni nell’articolo “1939: Morire a Madrid – Al resto pensò Stalin” che all’arrivo a Mosca del treno carico dell’oro spagnolo “”..Stalin offrì un sontuoso ricevimento e che tra le risate di tutti, Nikolai Yezhov – detto “Il nano sanguinario” - capo della polizia segreta e della NKVD disse, brindando:”Non rivedranno mai più il loro oro così come non vedono i propri orecchi.” “” Giovanni Zannini



mercoledì 12 ottobre 2016

UNA STRANA DIMENTICANZA DI CHURCHILL

Churchill di memoria ne aveva molta, moltissima, tanto da riempire ben 12 volumi sulla storia della 2a  guerra mondiale che gli hanno valso il Premio Nobel per la Letteratura 1953:  strano dunque che abbia dimenticato un'informazione  che, oltrettutto, gli fa onore.
La guerra fra Inghilterra e Germania è appena scoppiata il 3 settembre 1939 e già i tedeschi assestano agli inglesi un brutto colpo.
La potente "Home Fleet" britannica  è ormeggiata nella base di Scapa Flou, nelle isole Orcadi (Orkney), a nord  della Scozia, un'immensa baia protetta da una serie di isole  tra le quali esistono stretti canali  ostruiti con navi affondate per impedire l'accesso ad eventuali audaci incursori: la sua sicurezza è considerata massima.
Ma non è così  perchè alle 1,30 del 14 ottobre 1939 il sommergibile tedesco U  47 al comando del tenente di vascello Gunther Prien con un'audacia ed abilità eccezionali che tuttora suscitano  ammirazione, riesce a violare Scapa Flou.
Approfittando di un'eccezionale alta marea, nonostante il mare mosso e le violente correnti, imbocca  il canale  Kirk Sound, sguscia  fra le   navi affondate che non costituiscono, come dovrebbero, un'ostruzione insuperabile, e si trova indisturbato - nessun allarme è scattato -  al centro della base ove si eleva l'imponente  mole della corazzata "Royal Oak".
Il sommmergibile lancia un primo siluro che  colpisce la prua della grande nave senza arrecarle danni importanti e gli inglesi ritengono che si tratti di una deflagrazine dovuta ad un g uasto interno , ritenendo impensabile un'aggressione esterna.
Ma venti minuti dopo una  salva di tre o quattro siluri  colpisce  in pieno la corazzata che in meno di due minuti si capovolge e affonda trascinando con sè 800   fra marinai e ufficiali compreso il comandante contrammiraglio H.E.C. Blagrove.
L' U 47, indenne, si mette in salvo percorrendo al contrario  la  rotta seguita all'andata.
Il fatto ha un'enorme risonanza negativa in Inghilterra ed il governo decide di abbandonare la baia in attesa del suo rafforzamento dislocando le navi nei porti di Firthof Forth, Cromarty Firth, Firth of Clyde e Loch Ewe.
I lavori di rafforzamento sono conclusi in 6 mesi ed il 12 marzo 1940  lo stesso Primo Ministro accompagna la flotta che riprende  possesso della storica base.
Essi, effettuati per "porre riparo alle negligenze del tempo di pace" sono descritti dallo stesso Churchill.
Anzitutto, le tre entrate principali del golfo furono  difese da mine e reti e si  provvide a chiudere  con navi affondate (in aggiunta, evidentemente, a quelle , come visto, già colate a picco, alcune addirittura durante la  guerra 14/18)  il passaggio di Kirk  Sound attraverso il quale era penetrato il sommergibile tedesco. Oltre a ciò "una numerosa guarnigione armava la base e le batterie in  continuo aumento. Avevamo progettato di mettere in azione oltre 120 cannoni antiaerei, numerosi proiettori ed una linea di sbarramento di palloni aerostatici per avere il controllo del cielo nella zona di ancoraggio della flotta. Non tutte queste misure erano state completamente messe in atto ma le difese aeree erano già formidabili. Un incessante servizio di pattuglie  sorvegliava gli accessi al golfo ed una delle migliori installazioni Radar poteva in qualsiasi ora del giorno e della notte richiamare su Scapa Flou la protezione di due o tre squadriglie di "Hurricanes" dall'areoporto di Caithness".
Finalmente, conclude Churchill, ""la "Home Fleet" aveva una base. Era la famosa base da cui, durante la guerra precedente, la Marina di Sua  Maestà aveva dominato i mari"" e che vide, aggiungiamo noi, l'ecatombe della flotta tedesca che, terminata la 1a Guerra  Mondiale,  concentrata a Scapa Flou  in attesa della sua sorte,  nel dubbio di esser divisa fra le marine militari dei  vincitori preferì  autoaffondarsi cosicchè la formidabile base inglese  della "Royal Navy"  britannica divenne la tomba  di 54 unità su 74  della potente "Hochseeflotte",  la "Flotta d'altomare"  della marina tedesca.
Ed eccoci al punto della "dimenticanza" di Churchill  supportata, tra l'altro, da un opuscolo illustrante  un'opera altamente significativa:  la "Chiesetta italiana di Orkney " che costituisce, per la sua singolarità, una meta  per i turisti in visita alle  Orcadi. Il piccolo, grazioso manufatto, tuttora perfettamente conservato grazie ad un comitato locale che si occupa della sua manutenzione,  fu  costruito da prigionieri italiani catturati in Africa settentrinale e trasferiti nelle isole Orcadi (Orkney) per essere adibiti ai lavori  di rafforzamento della base di Scapa Flou ivi esistente.
Si legge, nel  suddetto opuscolo,   che i prigionieri italiani furono utilizzati per costruire una serie massiccia di strade rialzate  in  cemento , vere  e proprie dighe, per bloccare i   canali che  fra  isola ed isola portavano alla zona di ancoraggio della flotta, per evitare il ripetersi di "incidenti"  come quelli causati dal sommergibile tedesco del tenente Prien.
"Il metodo scelto - si legge ancora - fu quello di gettare sul  fondo del mare, da isola a isola delle massicce barriere di pietra e cemento.
La lunghezza totale  delle 4 sezioni della barriera è di circa due chilometri e mezzo. In certi punti la profondità dell'acqua era anche di 18 metri. Come  fondamenta  furono posate sul fondo  del mare più di un milione di tonnelllate  di pietra e roccia, e sopra queste furono costruite le strade rialzate. Esse furono realizzate con 66.000 enormi blocchi di cemento che pesavano da  5 a 10 tonnellate l'uno.  Questi blocchi sono collocati in posizioni diverse lungo entrambi i lati della barriera  in modo che i loro spigoli  ed i loro interstizi  impediscano che la marea invada la strada che ci corre sopra".
L'immane impresa  è documentata, nel fascicolo relativo alla chiesetta italiana di Orkney, da un dipinto di Domenico Chiocchetti, l'artigiano dotato di uno spiccato senso artistico che partecipò a quei lavori e che fu il promotore della costruzione della chiesetta effettuata con rottami ed altro materiale di scarto della costruzione  delle dighe.
Esse furono denominate e sono tuttora conosciute come "Barriere Churchill".
Ebbene, di queste "barriere" che portano il suo nome e che attestano la sua  inventiva e la sua intraprendenza, Churchill,                
nella sua opera citata "La seconda Guerra Mondiale", non parla proprio.
Per evitare il protagonismo, o per semplice dimenticanza?

Padova 12.X.2016                                                                Giovanni Zannini