Si legge su “L'Intervento” (Casa Editrice A.Mondadori –
1930) scritto da Antonio Salandra - Presidente del Consiglio dei
Ministri italiano dal 1914 al 1916 e artefice dell'entrata in guerra
dell'Italia nel 1915 a fianco delle potenze dell'Intesa (Francia,
Inghilterra, Russia) - che fra i molteplici problemi che
affliggevano lo Stato Maggiore dell'esercito italiano vi fu anche
quello della scarsità di cavalli addetti al traino dei pezzi
d'artiglieria: infatti, scrive, “all'interno (dell'Italia –
n.d.a.) era assolutamente irrisorio il numero di cavalli adatti al
traino dell'artiglieria campale”.
Che fare? Per risolvere il grave problema l'Italia si rivolse
allora al mercato americano molto fiorente perché “il cavallo
americano del nord si dimostrò resistente agli strapazzi, di ottima
indole e vigorosissimo”.
Ma neppure questo fu facile perché anche la Francia,
l'Inghilterra e la stessa Germania (evidentemente anch'esse prive di
buoni cavalli da tiro pesante) già si contendevano quegli animali:
comunque, una volta trovato il canale giusto, si pose il problema
altrettanto importante di trasferirli dall'America in Italia. I primi
viaggi su normali navi da carico furono disastrosi perché “i
cavalli che morivano nella traversata erano la maggioranza” e
perché mancava “personale pratico in tale materia” (ve
l'immaginate il carico e lo scarico dalle navi di centinaia di
animali atterriti e scalcianti?), fino a che, dimostrando gran fiuto
commerciale, gli Stati Uniti crearono navi apposite, vere e proprie
stalle galleggianti, che consentirono di trasportare i cavalli sani
e salvi in Italia. Anche se Salandra affaccia il dubbio che molti
ostacoli all'importazione in Italia dei cavalli americani fossero
stati creati da chi voleva dissuadere l'Italia dall'entrare in
guerra.
Comunque, al dilà del suo valore “militare”, l'importazione
di cavalli dall'America si risolse per l'Italia in un buon affare
perché quelli che scamparono alla fatica ed alle bombe (le foto di
guerra sono piene anche dei loro cadaveri) “a guerra finita”
scrive Salandra, “furono venduti in paese a prezzi superiori
notevolmente a quelli di acquisto”.
E per restare in tema di equini che aiutarono i nostri soldati
nella Grande Guerra, Salandra afferma che, invece, per i muli
preziosi compagni dei nostri Alpini nella guerra di montagna, non vi
furono problemi perché “se ne reclutarono di ottimi nelle province
meridionali della penisola ed in Sicilia per mezzo di apposite
commissioni di acquisto”.
Giovanni Zannini
da Padova 24-3-2015
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