giovedì 9 febbraio 2017

TRANSNISTRIA LO STATO CHE NON C'E'

La Repubblica Moldava di Pridnestrovie (ufficialmente “Republica Moldoveneasca Nistreana”), conosciuta in Italia come “Transnistria”, la terra dei mitici cosacchi degli Zar,  è una striscia di terra di quasi 200 chilometri di lunghezza e 18/20 mediamente di larghezza esistente lungo la riva orientale del fiume Dnjestr (in moldavo Nistro).
Schiacciata tra il fiume ed il confine ucraino ad est, su di un'area di circa 3.500 kmq, si estende dalla località di Camenca a nord fino al confine ucraino a sud, con una popolazione (565.000 abitanti secondo l'ultimo censimento del 2004, ma attualmente sicuramente meno a seguito dell'emigrazione verso l'Ukraina) comprendente una forte componente di lingua russa.
Singolare il suo status dal momento che la comunità internazionale la ritiene una regione della Moldavia, mentre essa, unilateralmente, si considera una repubblica indipendente “de facto”.
Per comprendere questa figura di stato, singolare nel panorama internazionale, occorre risalire al 2 agosto 1940 allorchè il Soviet Supremo dell'U.R.S.S (Unione Repubbliche Socialiste Sovietiche) creò la “Repubblica Socialista di Moldavia” inglobante anche il territorio ad est del Nistro.
Ma, a seguito della dissoluzione dell'U.R.S.S. avvenuta alla fine degli anni 80, il 24 agosto 1991 il parlamento della succitata repubblica votò la definitiva indipendenza dall'Unione Sovietica e la costituzione della nuova “Republica Moldova” comprendente anche il territorio della Transnistria.
Il giorno dopo però, 25 agosto, il Soviet Supremo ivi costituitosi ad opera di indipendentisti filo-russi emanò a sua volta una dichiarazione di piena indipendenza dalla neo costituita “Republica Moldova”, assunse il nome di ”Republica Moldoveneasca Nistreana” e manifestò il proprio velleitario intendimento di unirsi alla Russia dalla quale peraltro la divide il territorio dell' Ucraina.
Questa insurrezione provocò una breve guerra iniziata l'1 marzo 1992 fra le due repubbliche moldave, quella effettiva e quella autoproclamata, conclusasi con un accordo del luglio dello stesso anno che in pratica lasciava inalterata la situazione.
Da allora si sono succedute trattative diplomatiche con l'intervento della Russia, dell'Ucraina ed anche dell'OSCE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) con il solo risultato di lasciare inalterato lo “statu quo” pur rendendo meno violento il contrasto fra le due contendenti.
Diverse le caratteristiche dei due paesi.
La “Republica Moldova”, la più vasta, riconosciuta internazionalmente, che si estende a ovest del Nistro, fino al confine con la Romania, è prevalentemente agricola; l'altra, la concorrente, ha impianti industriali metallurgici installati a suo tempo per attirarvi immigrati dal resto dell'U.R.S.S. ma ormai obsoleti ed inquinanti. Ne esistono però anche di moderni come la grande centrale elettrica di Kuciurgan - che fornisce energia, con evidente potere ricattatorio, anche alla repubblica rivale –, una fabbrica per la produzione di componenti per aerei civili, cementifici e stabilimenti per la produzione di tessuti.
Ma la vera fonte di ricchezza peraltro assai equivoca, deriva alla Transnistria dall'imponente massa di materiale bellico accumulato durante la guerra fredda, in immensi magazzini e depositi sotterranei, a servizio della XIV armata dell'URSS che presidiava la riva orientale del Nistro, potente baluardo contro possibili attacchi delle potenze occidentali.
Tale materiale, che la Russia non può recuperare stante la difficoltà di attraverare l'Ukraina - divenuta repubblica indipendente - che la separa dalla Transnistria, ha trasformato la sedicente “Republica Moldoveneasca Nistreana” in un covo di mafie, di trafficanti di armi, droga, materiali chimici e radioattivi e di criminali internazionali che ne fanno un vero e proprio “buco nero” di illegalità e di corruzione al centro dell'Europa.
Inoltre essa è l'unico paese a perpetuare un regime vetero comunista: venera vecchi simboli che ancora fan bella mostra di sé nelle figurazioni e nei monumenti diffusi nella capitale Tiraspol come nel resto del suo territorio, ed aspira ad una unione con la Russia geograficamente assurda stante un ostacolo insormontabile: il territorio dell'immensa Ukraina.

Putin, per il momento, pare favorevole ad una federazione moldava che riunifichi le due repubbliche: a meno che un giorno ci ripensi e, come ha fatto per i russi della Crimea, decida di andare a liberare anche quelli della Transnistria riprendendosi, già che c'è, anche l'arsenale della XIV armata della defunta U.R.S.S. . // Padova 15-1-2017 // Giovanni Zannini

venerdì 3 febbraio 2017

L'ALTANA ANTIAEREA NELLA 1a GUERRA MONDIALE

L'altana è una piattaforma di assi di legno appoggiata sui tetti e retta da pilastrini, posta nella parte più alta di un edificio, un singolare belvedere assai diffuso a Venezia (ma ve ne sono anche in altre città) sulla quale i veneziani salgono per ammirare dall'alto il panorama della loro meravigliosa città o prendere il fresco nelle calde sere d'estate.
Ma chi avrebbe mai pensato di utilizzare questa tranquilla terrazza a fini bellici?
Eppure accadde proprio questo allorchè durante la prima Guerra Mondiale fu necessario provvedere a difendere Venezia dalle incursioni aeree nemiche e le altane furono trasformate in strutture strategiche per la difesa contraerea costituendo un primo esempio di difesa urbana contro le incursioni aeree nemiche.
Su quella piattaforma, infatti, veniva fatto salire un plotone di fucilieri che all'arrivo degli incursori apriva contemporaneamente il fuoco creando così una “bordata”, una rosa di proiettili che aumentava la probabilità di colpire il bersaglio.
L'arma utilizzata era soprattutto l'ottimo fucile mod.91 dotato di una gittata molto lunga e quindi in grado di colpire obbiettivi assai distanti, adattato ad uso contraereo applicando sullo zoccolo dell'alzo ordinario una mira a tre tacche studiata per colpire il bersaglio in avvicinamento, in allontanamento e proveniente da destra o da sinistra (v.foto).
Questa singolare batteria rappresentò nel 1915 per gli italiani la nascita della difesa contraerea consacrata da una medaglia commemorativa (v.foto).
Vi si vede da una parte un fiero leone con corona sormontata da corno dogale circondato dal motto ”Per l'aria buona guardia”; sul verso è rappresentata un'altana con la scritta “Urbis tutamen fastigium imbelle” ossia “Una pacifica vetta a difesa della città”.
Successivamente, nel 1917, il Comando Supremo emanò “Norme per l'esecuzione del tiro di fucileria contro aeroplani e dirigibili” effettuato da plotoni, adottando varie tabelle a seconda dell'arma usata, il fucile mod.91, ma anche il Vetterli mod.70/78 ed il Vetterli mod. 70/78 tubato.
Non si hanno notizie sull'efficacia di questo embrionale tiro contraereo ma si ritiene che ove esso avesse raggiunto il bersaglio sarebbe stato certamente devastante su aerei di tela e legno dell'epoca, per non dire dei dirigibili che pure furono usati dagli austriaci per colpire Venezia.
Il “fucile antiaereo”, che si potrebbe pensare arma antiquata della prima Guerra Mondiale, è stato invece utilizzato - ovviamente, perfezionato - anche nel corso della 2a.
E' infatti certo, come ricorda Churchill nella sua poderosa opera “La seconda Guerra Mondiale” – che gli valse il premio Nobel per la letteratura nel 1953 - che “fucili antiaerei”, certamente più evoluti rispetto a quelli del primo conflitto mondiale, furono utilizzati dagli inglesi anche nel secondo durante la strenua difesa di Londra contro i bombardieri tedeschi.
Infine, a proposito di fucili usati in funzione antiaerea, si ricorda che l'aereo dell'eroico Baracca fu abbattuto sul Montello proprio dalla fucilata partita da una trincea austriaca.

allegati: foto altana con fucilieri; medaglia commemorativa; alzo antiaereo; istruzioni

Padova 2-2-2017 Giovanni Zannini

mercoledì 1 febbraio 2017

LE ACQUE MIRACOLOSE DEL MAR ROSSO E DEL FIUME GIORDANO

L'episodio degli ebrei in fuga dall'Egitto che attraversarono il Mar Rosso prodigiosamente apertosi dinanzi a loro ma poi richiusosi al passaggio degli egiziani che li inseguivano, è molto noto.
Ma non lo è altrettanto quello assai simile descritto in “Giosuè”, uno dei libri storici del Vecchio Testamento, che racconta l'occupazione della Palestina da parte degli ebrei.
Vi si legge che dopo la morte di Mosè venne eletto a capo degli ebrei Giosuè – figlio di Nun, già ministro di Mosè -, un valoroso combattente che aveva guidato gli ebrei alla vittoria contro gli Amaleciti.
L'incarico è molto impegnativo perchè la marcia verso la terra promessa, già intravvista da Mosè dall'alto del monte Nebo, è inibita dalle acque del fiume Giordano oltrettutto gonfio per lo scioglimento delle nevi: e Giosuè è giustamente preoccupato.
Ma il Signore lo rassicura e gli promette che, come in passato ha protetto Mosè, così sarà per lui. Allora, fiducioso della parola di Dio rincuora la sua gente: si preparino, fra tre giorni avverrà il passaggio del Giordano, e sarà così possibile attaccare e sconfiggere la potente città di Gerico che sorge al di là del fiume.
In vista di ciò, incarica due esploratori di andare a vedere come stanno le cose e quelli, attraversato, non si sa come, il fiume, giunti in territorio nemico, per riposarsi si rifugiano nella casa di Raab, una “donna di mala vita”, che li ospita generosamente facendosi promettere che allorchè Gerico fosse stata conquistata dagli ebrei lei sarebbe scampata alla vendetta dei vincitori. Promessa che sarà poi mantenuta da Giosuè che, grato per l'assistenza data ai suoi due esploratori, la salverà dal massacro succeduto alla vittoria, e addirittura la famiglia di Raab verrà ammessa a far parte del popolo d'Israele: lei sposerà Salmon, della famiglia di Giuda e verrà poi ritenuta dai Padri (come si legge in un commentario della Bibbia) “come una figura della Chiesa”.
Rientrati alla base, i due esploratori riferiscono a Giosuè sull'esito delle loro indagini e lo informano che tutti gli abitanti di Gerico “sono abbattuti dallo spavento” ben conoscendo la fama guerresca degli israeliti.
E allora Giosuè lascia l'accampamento e si mette in moto deciso a sterminare gli odiati nemici: i Cananei, gli Etei, gli Evei, i Ferezei, i Gergesei, i Gebusei e gli Amorrei.
Può contare su 110.000 uomini, ma di questi solo 40.000 sono impiegati nella spedizione mentre i restanti sono lasciati a presidiare il territorio conquistato contro possibili attacchi nemici.
La sua strategia è del tutto singolare: davanti un'avanguardia costituita da 12 sacerdoti, uno per ciascuna tribù d'Israele, che trasportano l'Arca dell'Alleanza, dietro i soldati.
Ed ecco ripetersi il prodigio del Mar Rosso: appena i portatori dell'Arca, giunti al fiume, mettono i piedi nelle sue acque “quelle che scendevano di sopra si fermarono in un sol luogo e, alzandosi come un monte, apparivano da lontano, dalla città detta Alom fino al luogo di Sartan; e quelle che andavano in giù seguitarono verso il mare del deserto (detto ora  Mar Morto) e sparirono del tutto.... I sacerdoti che trasportavano l'Arca dell'Alleanza del Signore stavan ritti sopra la terra asciutta nel mezzo del Giordano e tutto il popolo passò per il letto disseccato”.
Superato l'ostacolo, gli ebrei cingono d'assedio Gerico la cui popolazione si rifugia dietro le sue potenti mura: ma ancora una volta l'Arca dell'Alleanza entra in azione.
Vien fatta girare per sei giorni attorno al possente baluardo seguita dai soldati israeliani cui Giosuè impone il silenzio assoluto. Al settimo, ad un suo ordine, essi esplodono in grida talmente alte che, amplificate dalle sette trombe che si usano per il Giubileo, fanno crollare la potente cinta difensiva avversaria e così può aver inizio la mattanza dei suoi abitanti. Unica superstite, sappiamo, la meretrice Raab per i meriti acquisiti nascondendo gli esploratori che Giosuè aveva inviato a Gerico.
Segue la conquista di Ai e di tutta la Palestina, quella meridionale e poi quella settentrionale, cosicchè, si legge nella introduzione al libro di Giosuè contenuta ne “La Sacra Bibbia” edita nel 1945 dalla Società S.Paolo di Alba, “Giosuè è una bellissima figura di Gesù che introduce con la spada della Croce il popolo eletto nella Terra Promessa del Cielo”.


Padova 27-1-2017 Giovanni Zannini