Non è chi non veda oggi, in Italia, la singolare esistenza di due spiccate personalità accomunate da uno stesso desiderio
riformatore.
Papa Francesco impegnato a riportare la Chiesa alle
sue origini liberandola da quelle sovrastrutture che l’hanno nel tempo
appesantita frenando il suo cammino nel
mondo.
Che con il recente dibattito sulla famiglia ha fatto
affrontare tematiche mai prima di allora
apertamente trattate che hanno evidenziato i diversi pareri di chi nella Chiesa
sostiene l’intangibilità della dottrina
e chi, invece, impegnato nella pastorale, auspica una possibile apertura verso quelle
problematiche (le nuove “res novae”) che oggi si manifestano nella società e
che esigono una soluzione.
Che invoca insistentemente la pace prodigandosi
egli stesso, come il recente fatto cubano dimostra, e denunciando fermamente
quella “guerra a rate” attualmente, purtroppo, in atto nel mondo.
E Matteo Renzi, un
giovane uomo che con i suoi
collaboratori, intende realizzare quelle riforme da tempo invocate e mai
realizzate, affrontando di petto i problemi,
ponendo precise scadenze, senza temere comportamenti che possano nuocere alla sua popolarità se
ritiene che essi giovino all’Italia, che si assume le sue responsabilità senza
addurre scuse, pronto a lasciare ove non riuscisse a raggiungere i suoi
obbiettivi.
Un uomo che
intende arricchire la classe dirigente italiana con forze fresche dalle idee nuove, ed
anche proteso con decisione verso l’Europa
per rilanciarne gli obbiettivi originari e farla
avanzare verso un’unione che miri all’interesse comune anziché a quello delle
singole nazioni.
Ma desta sorpresa che quanti da tempo e con ragione criticavano lungaggini e
lentezze burocratiche, i continui rinvii,
una classe dirigente invecchiata ed esaurita, e denunciavano la corruzione, la
lentezza della politica condizionata dal bicameralismo, gli sprechi della
Pubblica Amministrazione, il numero eccessivo di politici ed amministratori, i
loro alti compensi, ed una legge elettorale foriera di ingovernabilità, ora che tali problemi sono stati affrontati e
la loro soluzione impostata, anziché compiacersi del nuovo corso ed appoggiarlo
dandogli vigoria e slancio, si perdono -
anche all’interno dello stesso partito cui Renzi appartiene - in critiche astiose e spesso infondate.
E allora? Matteo Renzi come Papa Francesco? Non
diciamo sciocchezze: il confronto fra l’altissima
figura di un Pontefice capo della Chiesa e quella del Presidente
del Consiglio di qualsivoglia stato non è possibile.
Ma che
Matteo Renzi riponga nella sua attività politica la stessa ansia, lo stesso
ardore, lo stesso entusiasmo generoso che anima la missione di Papa Francesco, va certamente a suo onore.
Padova
16-1-2015
Giovanni Zannini