Le drammatiche vicende che portarono, durante la II guerra
mondiale, alla distruzione di numerose
navi della flotta francese da parte
della “Home Fleat” inglese – fino a poco
tempo prima alleate nella lotta contro i tedeschi - sono rievocate da Churchill
nel 4° volume della sua monumentale
opera “La Seconda Guerra Mondiale“ che
gli valse nel 1953 il premio Nobel per la letteratura.
Le riassumiamo qui sottolineando che la rievocazione è di parte, anche
se il prestigioso riconoscimento da parte
dell’autorevole consesso svedese consente di attribuir loro un sufficiente
margine di credibilità.
Nel giugno 1940, dunque, l’invasione tedesca della Francia appare
irrefrenabile nonostante la
disperata resistenza dell’esercito francese e del contingente inglese sbarcato
sul continente in suo aiuto.
I francesi, stremati, intendono chiedere un armistizio ai tedeschi per
evitare ulteriori lutti, ma per fare ciò desiderano, correttamente, ottenere il
consenso degli inglesi con i quali sono
legati da un’alleanza che prevede, fra l’altro, il divieto di trattative separate
con i tedeschi per l’armistizio o per la pace.
Gli inglesi, pur rendendosi conto della drammaticità della situazione
in cui si trovano gli alleati (e loro stessi con il proprio corpo di spedizione
in Europa), ritengono invece che essi debbano continuare a resistere ed a
sussistere come nazione trasferendo il
loro legittimo governo nel nord-Africa,
in Algeria facente parte della Francia come dipartimento d’oltremare, e da lì,
potenziando le risorse del proprio impero coloniale, proseguire la lotta contro
i tedeschi.
Per favorire l’accettazione del
proprio punto di vista, gli inglesi formulano ai francesi una
sensazionale proposta che, secondo De Gaulle, sarebbe servita a convincere il
governo francese a proseguire la lotta: l’Unione Franco-Britannica, una sola
nazione nella quale “ogni cittadino francese godrà immediatamente della
cittadinanza britannica e ogni suddito britannico diverrà cittadino francese”.
Ma l’offerta fatta non ottiene il risultato voluto, ed allora gli inglesi si
dichiarano disposti ad autorizzare i
francesi a trattare l’armistizio con i tedeschi, ma ad una condizione:”…che la
flotta francese salpi immediatamente per i porti britannici durante i negoziati
(per l’armistizio con i tedeschi - n.d.a.) ”.
La proposta non ebbe alcun
riscontro ufficiale da parte del Primo Ministro M.llo Petain (succeduto a Reynaud) salvo la generica
affermazione che la flotta francese non
sarebbe mai caduta in mani tedesche.
Come si vede, il problema dello sganciamento della Francia
dall’alleanza con l’Inghilterra fu grandemente condizionato dal problema della
flotta Francese. Si trattava della quarta per importanza al mondo, intatta e perfettamente operativa - al
contrario dell’esercito francese in frantumi - ed era quindi comprensibile il
desiderio, sia da parte degli inglesi
che dei tedeschi, di neutralizzarla.
Le generiche assicurazioni dei francesi di cui sopra si è detto ebbero
per la verità conferma nei fatti
allorchè il 27 novembre 1942 le navi francesi che si trovavano inattive alla
fonda nella base di Tolone preferirono autoaffondarsi piuttosto che cadere in
mano tedesca per cui, a posteriori, si
può affermare che il crudele fratricidio
poi attuato dagli inglesi forse non sarebbe stato necessario. Ma è
comprensibile che in un momento così delicato, nel dubbio che tale promessa non
venisse nella realtà confermata, gli inglesi temessero che alla fine quel
prezioso naviglio potesse andare ad arricchire la forza navale dei tedeschi e
degli italiani compromettendo ulteriormente, e forse definitivamente, le sorti del conflitto.
D’altra parte, i francesi si trovavano in difficoltà ad aderire alla
richiesta inglese di raggiungere i porti britannici perché - come scrisse poi a Churchill l’Amm.Darlan ministro della
marina nel governo fantoccio di Vichy, giustificandosi di non aver dato
quell’ordine – a suo avviso la violazione francese dell’armistizio siglato con
i tedeschi “avrebbe portato seco l’occupazione totale
della Francia metropolitana e del
Nord-Africa” compromettendo anche quella parvenza di sovranità attribuita dai tedeschi alla Francia “Non Occupata” guidata
dal M.llo Petain.
Infatti, l’art.8 dell’armistizio
franco-tedesco prevedeva che la flotta francese “venisse concentrata in porti
da stabilirsi per esservi disarmata e
demolita sotto il controllo tedesco o italiano”. Era dunque chiaro, scrive
Churchill, “che le navi da guerra francesi
sarebbero passate sotto il controllo italo-tedesco quand’erano ancora
totalmente armate”. E quale affidamento si sarebbe potuto dare al solenne
impegno di Hitler di non utilizzare le
navi francesi per tutto il tempo della guerra?
Questa delicata situazione costituì un grave
problema etico per gli inglesi e per Churchill il quale afferma che quella
presa “fu una decisione odiosa, la più penosa e innaturale in cui fossi mai
stato coinvolto”
Ne è conferma il tenore dell’ordine impartito al
Vice-Ammiraglio inglese Somerville capo della “Forza H” di stanza a Gibilterra
salpata alla volta di Orano: ”Vi viene affidato
uno dei compiti più difficili e sgradevoli che un ammiraglio britannico abbia mai dovuto
affrontare, ma abbiamo completa fiducia in voi e contiamo che voi lo eseguiate
senza esitazione…Le navi francesi devono adempiere alle nostre condizioni o autoaffondarsi o essere affondate da voi prima di sera”.
L’operazione denominata “Catapult” scattata il 3
luglio 1940 prevedeva infatti “la cattura simultanea, il controllo o il disarmo
o la distruzione di tutte le navi francesi su cui si potesse mettere la mano”.
Ma come era dislocata, che consistenza aveva la
flotta francese al momento dell’armistizio franco-tedesco?
Nei porti inglesi di Portsmouth e di Plymouth erano
alla fonda 2 corazzate, 4 incrociatori leggeri, alcuni sommergibili, 8
torpediniere e circa 200 dragamine e
cacciasommergibili, e non fu difficile da parte degli inglesi impossessarsene
salvo la resistenza opposta dall’equipaggio di un grosso sommergibile, il
“Surcouf”, che alla fine si arrese.
Ad Alessandria d’Egitto c’erano 1 corazzata, 4
incrociatori ed altro numeroso naviglio minore il tutto protetto da una forte
squadra inglese da battaglia. Dopo prolungate trattative con l’amm.Cunningham,
l’amm.francese Godfrey acconsentì a scaricare tutta la sua scorta di nafta, a
smantellare la maggior parte delle sue torri corazzate ed a rimpatriare alcuni degli equipaggi.
Alla Martinica, nelle Indie occidentali francesi 1
portaerei e 2 incrociatori leggeri vennero immobilizzati dopo interminabili
discussioni in base ad un’intesa con gli Stati Uniti.
A Dakar fu lanciato un attacco contro la corazzata
“Richelieu” in avanzato stato di completamento che, colpita da un siluro, fu
gravemente danneggiata.
A Casablanca si trovava la “Jean Bart” appena
giunta da St.-Nazaire, una nave della quale non viene precisata la categoria,
ma che Churchil descrive come “una nave-chiave” nella gara per la supremazia navale mondiale: ma ancora incompiuta
e priva di cannoni, non essendo possibile completarla a Casablanca, restò
inoperosa in porto.
Ad Algeri
c’erano 7 incrociatori che riuscirono
a lasciare il porto raggiungendo la munita base di Tolone.
Ma l’episodio più cruento e sanguinoso avvenne
dinanzi al porto militare di Mers el-Kebir adiacente alla città di Orano in Algeria
ove si trovavano 2 delle più belle navi della flotta francese, i moderni
incrociatori da battaglia “Dunkerque” e “Strasbourg” oltre a 2 corazzate,
parecchi incrociatori leggeri, numerose torpediniere, sommergibili ed altro
naviglio minore.
La “Forza H” inglese del V.Ammiraglio composta
dall’incrociatore da battaglia “Hood”, dalle corazzate “Valiant” e “Resolution”,
dalla portaerei ”Ark Royal”, da 2 incrociatori e 11 siluranti, partita all’alba dal porto di Gibilterra era
giunta alle 9,30 al largo di Orano. Il comandante Somerville invia un suo
brillante ufficiale, Hollande, già addetto navale a Parigi, noto per la sua
francofilia, dall’ammiraglio Gensoul
comandante della squadra francese per informarlo degli ordini ricevuti ed
indurlo ad evitare lo scontro violento. Gensoul non lo riceve e risponde per
iscritto che “in nessun caso le navi da guerra francesi sarebbero cadute intatte in mani germaniche o
italiane e che alla forza si sarebbe risposto con la forza”.
Fallite le
trattative, Somerville alle 17,54
ordina il fuoco sulle navi francesi
protette dalle batterie costiere.
Il bombardamento
dura una diecina di minuti ed è seguito da pesanti attacchi di aerei
dell’aviazione della marina decollati dalla “Ark Royal”. La corazzata francese
“Bretagne” salta in aria, l’incrociatore
“Dunkerque” si arena, la “Provence” s’incaglia sulla costa (ma entrambe
riusciranno poi a raggiungere la base di Tolone dal momento che esse figurano
fra le navi che ivi si autoaffondarono il 27 novembre 1942 – n.d.a.) La
“Strasbourg” riesce ad allontanarsi e, sebbene attaccata e danneggiata dagli aerosiluranti inglesi
riesce a raggiungere Tolone ove già si sono rifugiati gli incrociatori fuggiti
dal porto di Algeri.
Ha così fine questa tremenda lotta che ha visto
contrapposti inglesi e francesi fino a poco prima volonterosi alleati contro i
tedeschi, che tante crisi provocò fra
coloro che furono costretti a combatterla, e che dà adito a diverse
considerazioni e giudizi fra quanti si sono occupati e si occupano della
vicenda.
A suggellarne la drammatica realtà Churchill
ricorda un episodio che ben evidenzia la singolarità del dramma: “...In un
villaggio presso Tolone c’erano due
famiglie di contadini ognuna delle quali aveva perduto un figlio marinaio sotto
il fuoco britannico di Orano. Fu deciso un servizio funebre durante il quale i
familiari vollero che la bandiera britannica
fosse distesa sulle bare accanto al tricolore francese”.
Un omaggio a chi volle difendere la propria
bandiera, ma anche a chi, dall’altra parte, per la libertà dei popoli contro l’impero
nazista, fu costretto, suo malgrado, a
combatterla. Giovanni
Zannini