Tra Garibaldi e Mazzini, si sa, non correva buon sangue.
Uniti dall’ ideale dell’unità d’Italia, erano però fieramente divisi sul mezzo per arrivarvi.
Garibaldi, pur convinto della bontà del sistema repubblicano, si pose al servizio della monarchia ritenendo che solo sotto la guida e nel nome dei Savoia l’agognata unità d’Italia sarebbe divenuta realtà.
E’ lui stesso a dirlo nelle sue memorie:”...Io posso con orgoglio dire: fui e sono repubblicano…In un paese libero…il sistema repubblicano è certamente il migliore” ma “non essendo possibile per ora, 1859, la Repub blica,…presentandosi l’opportunità di unificare la penisola con la collaborazione delle forze dinastiche e nazionali, io vi ho dunque aderito immediatamente…” .
Mazzini, invece, repubblicano puro e duro, era convinto di potercela fare anche senza i Savoia grazie ad un’azione condotta all’insegna “Dio e Popolo” che con insurrezioni fomentate in ogni parte d’Italia, con una guerra per bande, avrebbe egualmente raggiunto l’obbiettivo desiderato.
Invece, ogni rivolta da lui organizzata, a causa dell’impreparazione del popolo a condividere, all’epoca, l’ideale unitario, fallì, con gravi perdite di vite umane: ma questo non lo scoraggiò ritenendo egli che l’esempio e l’eroismo di pochi avrebbero alla fine convinto l’intero popolo a condividerne gli ideali, ed a seguito di ciò la meta agognata sarebbe stata raggiunta.
Per questo, visto l’esito negativo degli ultimi moti da lui ispirati ( Francesco Bentivegna in Sicilia 1856 e Carlo Pisacane in Campania 1857) i mazziniani si accordarono con Garibaldi mettendo provvisoriamente da parte gli ideali repubblicani in nome del risultato finale: l’unità d’Italia. Così, essi decisero di partecipare alla spedizione dei Mille all’ombra di una “Bandiera Neutra” - una sorta di “CLN” risorgimentale, “ante litteram”, simile a quel “Comitato di Liberazione Nazionale” che poi, durante la Resistenza, unì i partiti italiani che, accantonate per il momento le proprie singole diverse ideologie, combatterono il nazifascismo – rinviando la decisione definitiva sulla struttura istituzionale dell’Italia ad un periodo successivo all’unificazione.
Si veda, in proposito, la lettera 24.2.1860 di Rosolino Pilo (siciliano mazziniano) a Garibaldi con cui lo informa “..dei mezzi preparati e messi insieme da Mazzini CHE NON FA QUESTIONE DI REPUBBLICA “ per favorire l’auspicata spedizione.
La conferma che Mazzini si prodigò nella raccolta di fondi per finanziare la Spedizione dei Mille emerge anche dalla lettera 10 maggio 1860 (mentre già Garibaldi veleggiava per la Sicilia) spedita a Celeste Gandolfi: ” Fratello, Garibaldi come sapete è passato per aiutare l’insurrezione nel sud. Savi è con lui, ma non basta. E’ necessario che ciò che si compie per mare si compia anche per terra. E’ necessario varcare la frontiera attuale romagnola e promuovere l’insurrezione delle Marche e dell’Umbria con gli Abruzzi. Così s’aiuta la Sicilia davvero. Così si fonda l’Italia d’ una gente, tutti i buoni devono ora agire con tutti i mezzi possibili nella divisione Roselli composta com’è di buoni elementi per indurre gli uffiziali e bassi uffiziali a un pronunciamento in quel senso. Raccogliere OFFERTE PER LA SICILIA e per darle all’impresa della quale parlo. …Preparare cannoni ed armi per essi : studiare i mezzi d’inviarle ad un punto estremo della frontiera romagnola…”.
E ancora, il giorno successivo, sempre a Gandolfi: “Fratello, v’ho scritto: vi riscrivo …Mentre Garibaldi opera sul sud e in Sicilia combatte, bisogna agire sul centro , quella provincia romana e versarvi quanti elementi disponibili esistono…Centiplicate la vostra energia, e facciamo l’Italia. LA BANDIERA E’UNITA’, LIBERTA’”.
Ossia, BANDIERA NEUTRA, perché Mazzini, in quel momento, di Repubblica non parla proprio.
E cosa ottenne Mazzini sul fronte dell’Italia centrale, in appoggio all’azione che Garibaldi stava combattendo su quello sud?
La “divisione Roselli”, di cui parla Mazzini, era una formazione dell’esercito papalino comandata dal generale Pietro Roselli, lo stesso che, allora Maggiore, Pio IX, all’epoca liberaleggiante, aveva inviato con il suo battaglione assieme al corpo di spedizione comandato dal gen.Giovanni Durando in aiuto a Carlo Alberto allora impegnato nella 1° Guerra d’Indipendenza del 1848. Ma successivamente, allorchè il Papa - deludendo i patrioti che avevano creduto in lui, fra cui lo stesso Garibaldi - mutò, come sappiamo, pensiero per il timore di uno scisma in Austria, il corpo di spedizione papalino che aveva combattuto valorosamente in Veneto a fianco dei Piemontesi, ricevette l’ordine di abbandonare il fronte e di rientrare alla base di partenza.
Già allora l’ordine non fu bene accetto, tanto è vero che molti papalini, invece di obbedirvi, si recarono a Venezia per difendere la Repubblica di S. Marco assediata dagli austriaci: dunque, in quella divisione vi erano dei fermenti fra “uffiziali e bassi uffiziali” che Mazzini voleva appunto alimentare per fomentare una rivolta.
Che, in effetti vi fu: quando, infatti, Vittorio Emanuele invase lo Stato Vaticano – poi sconfitto a Castelfidardo - marciando verso sud per ricongiungersi con Garibaldi, il Roselli si mise ai suoi ordini e nominato Tenente Generale dell’esercito italiano si distinse nella conquista di Ancona di cui comandò per un breve periodo la piazza militare.
Dunque, il contributo di Mazzini all’impresa dei Mille vi fu, sia pure in un periodo successivo alle vittoriose battaglie di Garibaldi che già il 7 settembre 1860 era entrato vittorioso in Napoli, ed in maniera cospirativa e non, come avrebbe voluto, con “cannoni ed armi” sul fronte dell’Italia centrale.
A questo punto Mazzini riprende la sua libertà d’azione, ammaina la “Bandiera Neutra” , innalza di nuovo quella repubblicana e si precipita a Napoli per convincere, ma invano, Garibaldi a non unificare il sud Italia al Regno dei Savoia. Accolto in città (ove trova anche il tempo di fondare un ennesimo giornale, “Il Popolo d’Italia”) con vivaci proteste dai fautori dell’unificazione, e fatto anche oggetto di minacce, affranto da sofferenze fisiche oltre che morali, rinuncia a sostenere le sue idee per Lugano e poi per l’Inghilterra, mentre, dopo i plebisciti del 21 e 22 ottobre 1860 che decretarono l’annessione del Mezzogiorno al regno sabaudo, Garibaldi e Vittorio Emanuele, nell’incontro di Teano, sancivano la raggiunta unità d’Italia.
Giovanni Zannini